Entersportainment

Generazione highlights: il nuovo modo dei giovani di vivere lo sport – La Stampa

Lo sport invecchia, i giovani lo disertano. Almeno nelle sue forme più tradizionali.

Vanno meno allo stadio, e piuttosto che sorbirsi in diretta ore di tatticismi e meline, “scrollano” sul web in cerca dell’adrenalina degli “highlights”. Oppure si appassionano a formule ibride, dove sport e intrattenimento si mescolano: il termine tecnico, orribile, è *entersportainment.

*Per chi lo sport lo pratica, lo organizza, lo produce, e soprattutto lo vende, non un problema da poco. A passarci sopra l’evidenziatore è il *Financial * *Time*s, che cita un rapporto YouGov datato 2023 secondo il quale a livello planetario solo il 31% dei fan di età compresa fra i 18 e i 24 anni guardano match dal vivo, contro il 75% di chi ne ha più di 55.

Un altro studio, prodotto negli Stati Uniti da Morning Consult, rivela che negli Usa quasi la metà della Generazione Z (quella dei nati fra il 1997 e il 2012) non ha mai assistito ad un evento sportivo dal vivo, e solo il 53% si considera «appassionato di sport», contro il 69% dei Millennials. Chiunque abbia un figlio o un nipote in età pre adolescenziale – è attorno ai 14 anni che si forma la “coscienza sportiva” – sa bene che il contatto fra più giovani e i loro idoli sportivi ormai passa più attraverso i social, i videogame, o la visione degli ormai tantissimi docufilm e reality dedicati allo sport, da Drive to Survive a Break Point, che per un pomeriggio sugli spalti.

Qui stadio, a voi schermo. Cambiano le abitudini, cambia il pubblico, inevitabilmente l’industria dello sport, per alimentare un mercato che vale oltre 400 miliardi di dollari, si adatta.

Cercando nuovi formati più agili e compatti, nuove discipline e il coinvolgimento via social dei fan più giovani per contrastare «competitor» che ai tempi dei boomer nemmeno esistevano. «I nostri avversari non sono solo gli altri sport – predica da anni Andrea Gaudenzi, il presidente italiano dell’Atp, l’associazione che gestisce il circuito maschile del tennis -.

Ma anche Netflix e le altre piattaforme di intrattenimento». Non a caso Gaudenzi sogna uno Spotify del tennis dove l’appassionato possa abbonarsi trovando tutto su un’unica app, senza spostarsi dal divano.

Per aggiornarsi la Formula 1 ha provato a concentrare le emozioni con le gare sprint (30 minuti invece di 90), in Formula E, la serie per monoposto elettriche, per anni i fan regalavano un surplus di potenza ai piloti votandoli sui social. Un po’ come se per vincere il Roland Garros ogni smorzata valesse un “15” suppletivo: assegnato su Tik Tok.

Il cricket, per sbarcare nella modernità, ha ridotto da intere giornate a poche ore la durata infinita dei propri incontri con il il formato Twenty20. Il tennis ha quasi abolito i tre set su cinque e in doppio già sono spariti i vantaggi, come nel volley, mentre il rugby ha riguadagnato le Olimpiadi con il «Seven»: sette giocatori, due tempi di 7 minuti, poche mischie, molte corse.

Nel programma dei Giochi è entrato il breaking – la ex breakdance – e la crescita degli e-sport ha convinto la Premier League inglese ad acquistare quote in Rezzil, uno sviluppatore di software che sta progettando un gioco in cui i gamer si troveranno in campo insieme ai loro beniamini («e nelle loro scarpe»). Del resto Wimbledon, incarnazione in purezza dello sport vittoriano, attraverso WimbleWord fa interagire i fan con Andy Murray.

«Bisogna pescare dove ci sono i pesci», ha dichiarato al *Financial Time *Usama Al-Qassab il direttore marketing dell’All England Club, il circolo che dal 1877 organizza i Championships. «Se la prima cosa che i ragazzi accendono è la PlayStation o il cellulare, bisogna interagire con quella tecnologia e usarla come rampa di lancio».

Secondo i guru dell’Img, la grande agenzia di management sportivo, le nuove tecnologie trasformeranno gli eventi sportivi facendoli “trascendere in momenti culturali”, e se sfugge il lato innovativo dell’incontro di boxe, annunciato su Netflix, fra il 57enne Mike Tyson e Jake Paul, uno youtuber poco meno che trentenne, un motivo di ottimismo arriva dalla crescita dello sport femminile: in Inghilterra il calcio attira ormai un milione di spettatori. Ci attende un futuro da reduci attempati o da addivanati precoci?

Giorgio Bassani, scrittore e tennista, negli anni ’60 sosteneva che in Italia non si può parlare di “sport popolari”, ma solo di “popolarità di alcuni sport”. Davanti a “reel” e “stories”, oggi, forse estenderebbe il concetto al futuro del pianeta.

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