ROMA. Altra notte di veglia dopo una medaglia che mancava da 22 anni: Zaynab Dosso sale sul podio dei 100 metri, bronzo in 11”03 dopo l’ennesimo record italiano in semifinale 11”02 e lei lo chiama «percorso».
Pure se è il primo risultato importante su una distanza che diventa sempre più familiare a questa Italia delle meraviglie. Per capire che cosa c’è dietro è utile ripescare frammenti dei postumi del super sabato.
Ore sei del mattino e gli azzurri non vanno a dormire perché hanno imparato a vivere e smaltire i propri successi. Anche questo è uno dei motivi per cui gli azzurri dell’atletica rinnovano le energie: mettono in condivisione le emozioni, se le tengono sulla pelle fino a che il fisico non le ha assorbite, come tutto il resto.
La fatica, l’adrenalina, la paura, il successo che se te lo porti a spasso in solitaria poi ti frega e se invece lo piazzi in mezzo al gruppo, si trasforma in energia. Jacobs, ancora re dei 100, di ritorno dai festeggiamenti.
Stanchi, ma troppo consapevoli dell’emozione comune per separarsi, perché se si cede al sonno poi è un altro giorno e quindi lo si allunga con le medaglie e i tricolori e il «poropopo» di Fabbri, oro del peso, che stavolta lancia il coro dal taxi con cui lascia il raduno per tornare a Firenze e saluta la compagnia del podio alla palazzina numero 1 (e quale se no) del centro di preparazione olimpica in cui l’Italia fa base durante questo Europeo mai visto prima. Per la prima volta una conferma nei 100 metri, per la prima volta una doppietta sui 100 metri, per la prima volta 15 medaglie, per la prima volta 7 ori e mancano ancora tre giorni.
Sarebbe sconvolgente e invece è logico e dalla quiete che circola tra i campioni all’alba, si intuisce che dietro tante vittorie c’è la serenità. La consapevolezza di meritare, la voglia di fare e non più l’ansia di perdere.
Questi ragazzi sono pronti a uscire allo scoperto, senza timidezze o blocchi e ogni giovane di talento che si inserisce porta in dote semplicità. Il multiculturalismo è uno solo una delle caratteristiche di un movimento che non ha solo mescolato le discendenze, ha calibrato i comportamenti.
Furlani che risponde a un avversario monumentale come Tentoglou, Simonelli che chiamato a farsi notare sfoggia i suoi numeri senza imbarazzo. E non sono atleti immuni ai brividi, Simonelli in semifinale centra tre ostacoli ma viaggia lo stesso, un tempo la scuola italiana era tutta tecnica ma lui fa della velocità il punto di forza.
Tradizione scombussolata e si fa in un altro modo perché questa è una generazione che non si ferma ad aspettare il consenso di ognuno. Jacobs, a 29 anni, ha imparato a gestire le opinioni social, chi è arrivato dopo le cataloga in automatico.
E l’approccio esce dai profili. Non vale solo per l’atletica, succede nello sport, basta pensare a Ceccon a lungo osteggiato nella sua ostinata volontà di lanciarsi in più sfide e in più stili del nuoto.
Vale per la maggioranza degli atleti che andranno alle Olimpiadi, per una grandissima parte di italiani ventenni, non bambini, che viene messa troppo spesso messa in discussione. Hanno trovato le risposte, tipo Sinner: «Capita che il cuoco si tagli il dito».
Così finisce lì. Che sono sulla lista di quelle che vanno con un senso alle Olimpiadi».
Semplice come la gara interna con il suo compagno di allenamenti Simonelli: si sfidano a forza di record italiani: adesso stanno 7-6 per lui. Un gioco.