Champions, la sfida di Bellingham: lasciare il segno nello stadio dei sogni – La Stampa
Londra. C’è un ragazzo che sfida il proprio passato e lo fa nello stadio dei suoi sogni.
Hey Jude, non fare scherzi. Jude Bellingham, pagato 150 milioni tra prezzi e bonus, porta il Real nel futuro e non solo perché con i suoi 22 anni davanti ha praterie da riempie con le sue corse e i suoi gol.
Se ce n’è uno, Bellingham è il giocatore universale, non ha un punto debole, sa fare tutto e in ogni zona del campo. Un altro allenatore forse lo ingabbierebbe, gli affiderebbe consegne di copertura, mansioni di marcatura, conversioni tattiche.
Ancelotti non fa nulla di tutto questo e non perché si sia votato all’anarchia. Solo, perchè Bellingham è in modalità fast forward.
In partita e in carriera. Inutile se non addirittura dannoso ingabbiarlo.
Se ne è andato dall’Inghilterra da salvatore se non della patria, almeno del Birmingham che senza quei 25 milioni di sterline messi in cassa grazie alla sua cessione sarebbe scomparso dalle mappe del pallone. Hanno tolto per sempre la sua maglia, la numero 22: omaggio e gratitudine al tempo stesso.
L’aveva scelto il Dortmund che non sarà un club fascinoso ma è perfetto come incubatrice. Ormai si sa: Haaland, Sancho e Bellingham sono cresciuti all’ombra del Muro e l’hanno scavalcato solo quando si sentivano di avere la forza per farlo (Sancho a Dortmund ci è pure tornato), di correre sulle proprie gambe.
Bellingham ora è valutato 280 milioni che è come dire che non ha prezzo, ha segnato nella sua prima stagione alla Casa Blanca 23 gol in 40 partite. Un aggettivo lo limiterebbe, due sarebbero insufficienti per definirlo.
Ha finito la stagione di nascosto, Ancelotti quasi non ci ha fatto caso. Qui a Wembley ha perso una finale europea contro l’Italia, ma quell’11 luglio 2021 era in panchina: qui, in questa notte di Champions sotto l’arco della gloria, vuole lasciare il segno.
La sua camiseta blanca del Real ha il numero 5, quella bianca dell’Inghilterra il 10: numeri non banali, definiscono le ambizioni e i progetti, i colpi e le traiettorie. «Voglio spostare i limiti delle mie potenzialità e del mio talento» diceva Jude ai tempi del Dortmund.
L’impressione è che nemmeno lui sapesse allora e che nessuno sappia ora, quali sono i suoi confini. Forse perché non ce ne sono.
Hey Jude, don’t make it bad.