Stefano Tacconi

Tacconi critica la mancanza di personalità dei giocatori della Juve – La Stampa

Stefano Tacconi sta bene: è una certezza. Ha combattuto tanto e lavora bene oggi in fase di riabilitazione, ci confessa la moglie Laura col figlio Andrea sempre accanto. Sorride, chiacchiera ad Agropoli, da sempre feudo juventino, dove ha ricevuto il premio “Eroi del calcio” in collaborazione con l’Ussi (Unione Stampa Sportiva Italiana) col rivale di tante battaglie Antonio Careca.

E ritrova l’antico gusto di chiacchierare del suo calcio. Quei magnifici anni 80 che lo hanno eletto ad idolo, bandiera e leggenda di una Juventus che vinceva tutto in Italia ed in Europa quando sulla tolda di comando c’era Gianni Agnelli ed in panchina due baluardi come Giovanni Trapattoni e Dino Zoff. Sereno.

Sono stato fortunato. Col carattere ne sto venendo fuori. In ospedale vedevo gente che stava anche peggio di me.

Percepire l’affetto degli appassionati e degli sportivi mi fa stare ancora meglio. Vuol dire che ho seminato bene. So che qui vicino in Irpinia dove ho giocato per 3 anni ci sono ancora dei club col mio nome.

Dopo 40 anni ne vado fiero. Noi, quelli della mia epoca, siamo stati i veri ambasciatori. I calciatori attuali devono ancora dimostrare qualcosa di positivo.

E poi troppa tecnologia…

Al pomeriggio mi viene la voglia di vedere le sue partite poi alla sera però tra il primo ed il secondo tempo prendo sonno. Non dà grandi preoccupazioni. Se lo tenessero caro.

Troppi dopolavoristi. E poi per fare il portiere ci vuole la testa. Non tutti hanno le qualità giuste.

Una volta giocavamo noi, l’allenatore non contava niente. Rianimammo una comunità flagellata dal terremoto. Ricostruimmo tutto.

Battagliammo per sopravvivere. Si sa che la piccola squadra prima o poi deve retrocedere; per questa ragione quei successi, umani prim’ancora che sportivi, sono stati straordinari. Con Antonio Sibilia, il presidente dell’Avellino, ci parlavamo con grande naturalezza.

E con l’avvocato Agnelli? “Un uomo sobrio, elegante. Un gentiluomo d’altri tempi.

Che bei ricordi a Villar Perosa. Lo ricordo velocissimo. Mi ha detto che faceva i 100 metri nel suo periodo migliore in poco più di 10 secondi e parliamo di 40 anni fa.

Roba da sprinter. Poi vincemmo la finale di Coppa Intercontinentale a Tokio nel 1985. C’era Maifredi alla Juve e da allora tutto si trasformò.

Ricordo Sarti ed il papà di Buffon.

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