Lys Gomis

Dal Toro alla droga e ritorno. Il riscatto di Lys Gomis – La Stampa

Da “disintegrato mentalmente” a “una persona nuova, che vuole fortemente il bene per se stesso”. Era il 2019, la rottura del tendine rotuleo del ginocchio sinistro lo costrinse al ritiro. “Dal momento che ho smesso con il calcio dei grandi sono entrato in una fase depressiva, non mi riconoscevo più, non accettavo di avere smesso perché la mia vita è sempre stata il calcio.

La mia vita senza calcio non aveva un senso. È stato terribile. Bevevo tanto per non restare con i miei pensieri.

Usavo sostanze stupefacenti per sentirmi meglio. Credevo di non valere più nulla una volta tolta la maglietta da calciatore”. L’importante è che tu sia bravo e faccia “il tuo” come ti viene richiesto – e io questo l’ho sempre fatto con massima serietà e professionalità, lo giuro –, i rapporti umani sono in secondo piano.

Salvo rare e bellissime eccezioni. Da questo punto di vista ho conosciuto persone straordinarie. E aggiunge nel ricordo di quei giorni tristi e solitari dentro, che dal 2019 sono proseguiti ancora a lungo: “Chi mi voleva bene vedeva che soffrivo.

Ci sono persone che hanno dato l’anima per aiutarmi. Senza riuscirci. Ma non hanno fallito loro, anzi, hanno fatto il massimo.

Ero io a non volere essere aiutato. Mi raccontavo: “Da solo si risolve tutto”. Nessuna emozione, apatia completa.

Chi mi conosce sa che ero praticamente morto. Io non lo sapevo. Solo, ho cominciato a piangere.

Davanti a quello specchio, il portierone che in carriera ne ha viste tante e ha compiuto anche parate degne dei più grandi campioni, ha dato la svolta alla sua vita: “Devi fare qualcosa, qui rischi davvero di morire, mi dicevo. Sì, avevo paura”. E ha poi deciso di raccontare com’è riuscito a uscire dal tunnel.

Sono stati comprensivi, collaborativi. Ma avevo un’altra grande paura: diventare dipendente dai farmaci. Quindi, con la mia famiglia, mio cugino Mamadou Diallo, Elena Rovera – la mia migliore amica di sempre – e Alessandro Crisci del Gruppo sportivo Passatore di Cuneo, abbiamo trovato “Narconon Piemonte”, una struttura a Villafranca d’Asti che si occupa di recupero dalle tossicodipendenze.

Non sapevo più chi ero. Nessuno mi ha dovuto convincere: volevo assolutamente cambiare la mia vita. “Lys fin da subito ha dimostrato non solo la voglia di farcela, ma anche quella di aiutare i ragazzi che come lui sono caduti nella trappola della dipendenza” spiega Natasha Benincasa, direttrice della struttura.

Il riscatto di Lys, iniziato tra febbraio e marzo, è durato cinque mesi. “Siamo andati a monte del problema – continua l’ex portiere –. Tantissime sedute lavorando su di me, il mio stile di vita e l’ambiente con cui mi devo confrontare.

Ho amato la fase degli alti e bassi, le persone con cui vivo, ma partendo sempre dal fatto che il problema ero io, non gli altri. In quei cinque mesi ho pianto di nuovo. Con coraggio ho chiesto scusa a tutti coloro che ho ferito.

E sono rinato”. E ora è proto a riprendere in mano la propria vita: “Continuerò a lavorare nel centro: insieme faremo prevenzione. Credo nel destino.

Scriverò anche un libro e lo dedicherò a mia mamma, che nella tempesta è stata al mio fianco con la convinzione che arrivasse l’arcobaleno. Ora ci godiamo il panorama”.

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