Alberto Riva - Sailboat Navigator

Forse è finito il mio modo arrogante e spensierato di navigare – La Stampa.

Sono righe importanti. Sono le parole di un navigatore oceanico della nuova generazione, di uno skipper vincente nei Class40, che ci racconta la sua angoscia e anche la sua presa di coscienza sui pericoli delle regate sull’Oceano.

Il naufragio del suo fratello di mare Alberto Riva lo ha toccato, colpito, addolorato. Questa è la sua testimonianza.

È mattina presto, ci sono 25 nodi, 2 metri di onda. Navighiamo con randa la piena, j1 e j2, 150 metri, 2 metri quadrati di vele.

La barca naviga tra 25 e 35 gradi di sbandamento e a 18 nodi di velocità media, con punte a 25. La vita a bordo è decisamente scomoda.

Per qualsiasi cosa che non sia regolare le vele o timonare devi usare una mano sola, l’altra serve per tenerti in equilibrio. Le gambe uguale, sono quasi inutili, vivi inginocchiato per non cadere a ogni onda.

Abbiamo finalmente agganciato la coda di una depressione che ci sta facendo recuperare moltissime miglia sui primi, sarà dura passarli ma questo vento era insperato e tanto vale provarci. Così attacchiamo a tutto gas.

Sono al carteggio e mi prende un’angoscia terribile. Pensavo fosse un gioco, pensavo queste cose rimanesse nei libri, non ero pronto a un naufragio di Alberto Riva – Navigatore e il suo equipaggio, quasi mi sentivo in colpa a non essere naufragato io.

Quante volte sono passato di fianco a un rischio del genere? È troppo.

L’angoscia non si placa e decido di farmi 2 ore di sonno nella brandina per cercare di calmarmi, Julien e Bastian capiscono che ho bisogno di un momento per riprendermi. Non ho dormito, ed effettivamente non credo di essermi ripreso, neanche adesso che sono a terra.

Passano 24h in cui faccio fatica a mettere in ordine i pensieri. Julien mi sveglia dicendo che c’è acqua a prua.

Mi vesto, mi metto gli stivali ma sono stranamente tranquillo. Trecento miglia e il pilota automatico mi abbandona, rientro in porto disperato con questo sentimento di ingiustizia dentro di me.

Ci eravamo chiesti tante volte come sarebbe stato fare regate uno contro l’altro e alla fine non ci siamo mai riusciti. Ironia della sorte, a Faial incontriamo l’equipaggio di Acrobatica che è appena sbarcato dal cargo che li ha salvati.

L’abbraccio con Tommi, Jean e Albi è la prima cosa che mi dà sollievo dopo 4 giorni. Hanno dei vestiti comprati ad un mercatino dell’usato a Flores, una mini isola delle Azzorre.

I vestiti invernali della Quebec Saint-Malo non vanno bene. Sembrano travestiti, sembra che lo abbiano fatto apposta per stemperare la tensione del naufragio.

Ora inizia un capitolo della saga AllaGrandePirelli che non conosciamo e che non era in programma. Ma forse sono proprio queste rotte difficili che ci fanno tirare fuori il meglio di noi.

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