Bergamo. E’ stato solo uno spavento che in fondo ha permesso all’Atalanta e ai suoi tifosi di assaporare ancora meglio una serata storica.
Sarebbe stato scontato difendere senza soffrire l’incredibile vittoria per 3-0 ad Anfield Road di sette giorni prima nell’andata dei quarti di finale di Europa League. Non è stato così perché la qualificazione alla semifinale doveva passare attraverso un percorso più emozionante e alla fine per questo ancora più indimenticabile.
La paura è arrivata dopo appena 7 minuti quando il quasi incolpevole Ruggeri ha intercettato con un braccio il cross di Alexander-Arnold: inevitabile fischiare il rigore, trasformato da Salah. A quel punto era legittimo immaginare il rischio di un crollo nel ritorno davanti al pubblico amico di Bergamo, di fronte alla voglia di rimonta del Liverpool che questa volta schierava tutti i migliori, non come all’andata quando Klopp aveva praticato un robusto turnover.
Invece è rimasta solo una sconfitta per 1-0. Un dettaglio indolore.
L’Atalanta è diventata un muro invalicabile che ha difeso il ritorno in una semifinale europea 36 anni dopo la prima e unica volta, nella Coppa delle Coppe nel 1988. Sono passati tre decenni e mezzo, scanditi nell’ultimo lustro da ben tre approdi ai quarti delle competizioni Uefa, culmine di questo ciclo favoloso propiziato dalle idee dell’allenatore Gian Piero Gasperini.
Mancava alla banda di Gasperini l’ultima salita, quella dell’ingresso nelle magnifiche quattro. È stato centrato grazie all’uscita salvifica di Musso sui piedi di Luis Diaz, all’anticipo prodigioso di Djimsiti sullo stesso attaccante colombiano, all’esperienza di Kolasinac.
Poi le corse di Zappacosta, la disciplina di De Roon, gli appoggi di Scamacca e la colossale onnipresenza di Koopmeiners. Il centrocampista olandese è diventato il simbolo del trionfo, acclamato dai tifosi a ogni rimessa laterale o calcio d’angolo conquistati nei minuti finali, quando l’obiettivo aveva iniziato ad assumere i connotati di una possibilità reale e vicina.
Un olandese, la stessa nazionalità del Malines, la squadra avversaria dei nerazzurri nella semifinale del 1988 in Coppa delle Coppe. Il ricordo che era nella mente di tutti fin dal prepartita, quando lo svedese Glenn Stromberg, amatissimo leader di quella formazione, è sfilato sotto la curva atalantina, ricevendo cori e applausi che lo hanno commosso quasi fino alle lacrime.
Lo stesso sguardo che avevano tantissimi tifosi bergamaschi quando ogni paura è evaporata, spazzata via dalle ultime progressioni di Zappacosta e Koopmeiners. Sono lucidi pure gli occhi di Gasperini, l’uomo che ha plasmato questo collettivo.
L’unico quasi impassibile, in una specie di felice incredulità, era Antonio Percassi nel suo posto in tribuna. La provincia italiana torna tra le grandi dell’ex Coppa Uefa, quella che le squadre di Serie A dominavano negli anni ’80 e ’90 ma sfugge alle italiane dal 1999, e nel frattempo ha cambiato pure denominazione.
L’Atalanta non vuole più fermarsi dopo aver eliminato il Liverpool abituato a essere protagonista in Champions League e in lotta per vincere la Premier. Dopo questa qualificazione e quella paura iniziale, niente può spaventare la squadra di Gasperini.