And by a sleep to say we end the heartache
ago 26, 2008 autoreferenzialità, pop
L’insonnia è, al pari del mal di schiena, uno dei disturbi tipici dell’età contemporanea e più frequenti nei Paesi occidentali. Ne consegue l’uso massiccio di farmaci che possono dare dipendenza, con forti costi sociali (calo del 20% della produttività sul lavoro; e ottomila morti l’anno solo per i “colpi di sonno” al volante).
Leggevo che secondo alcuni, la grande diffusione dell’insonnia nella nostra società dipende dall’abbandono dei ritmi di sonno tipici del mondo antico. Come accade oggi in molte società primitive, anche i nostri bisnonni dormivano un “primo sonno” e un “secondo sonno” di circa quattro ore ciascuno, inframmezzati da 1-3 ore di veglia in piena notte; e sembra proprio che questa scansione del sonno sia più naturale, più in armonia con il ritmo circadiano dell’uomo.
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Tag: antropologia, insonnia, ritmo circadiano, sonno, sonno polifasico, storia
Kafka e le donnine
ago 15, 2008 editoria, gender, minima moralia
(Ovvero: roba che, se ci fosse ancora Cuore, andrebbe rubricata sotto “Chi se ne frega?”)
Ma se anche fosse vero che Kafka conservava in casa materiale pornografico, quale sarebbe il problema? Perché tanta ansia di sottolineare che non si tratta di pornografia hard core, ma di “rappresentazioni giocose, alcune in forma di caricatura”?
Cosa spinge l’establishment culturale britannico a tanta pruderie? (sì, la diatriba è tutta interna alla scholarship kafkiana britannica). Sarà che anche in UK a ferragosto bisogna tirar fuori storie di sesso, ma che essendo il Guardian un giornale serio, se proprio deve parlar di sesso preferisce metterci in mezzo la cultura?
Ma soprattutto, che ce ne importa? Vorreste dirmi che esiste uno scrittore famoso negli ultimi 2-3 secoli che NON abbia mai fatto uso di pornografia? No, aspetta, riformulo: vorreste dirmi che esiste un solo uomo che non ne abbia mai fatto uso?
E ovviamente (apro una parentesi) ciò vale anche per molte donne, solo che le donne rifiutano di ammetterlo: e la colpa può essere, alternativamente, del retaggio religioso oppure della stramaledetta crociata femminista contro la pornografia. Crociata che sinora non ha ottenuto altro risultato che di confinare il porno etero in un regno tutto maschile, in cui è perfettamente logico che la rappresentazione delle donne non sia realistica. E’ questione di domanda e offerta: quando le donne ammetteranno che è possibile riflettere in modo serio sulla questione; quando smetteranno di coprirsi gli occhi col prosciutto della “reificazione” e “mercificazione” e “degradazione” del corpo femminile; allora il mercato si accorgerà che la parità dei sessi è economicamente vantaggiosa. [Consiglio in proposito questa lettura.]
Detto ciò, i difensori della morale di Kafka – almeno stando all’articolo – sono quasi tutti maschi. Ma è curioso che accusino lo storico in questione di essere “bigotto” per il solo fatto di aver dimostrato l’esistenza di quel materiale porno (o semi-porno). Sono curiosa di leggere il suo libro per capire se davvero si tratta di facile sensazionalismo e una gretta trovata di marketing, oppure se per caso i bigotti non siano proprio gli altri storici, che sapevano dell’esistenza di quel materiale ma hanno scelto di non parlarne in nessuna biografia di Kafka. Perché, sai, non sta bene parlarne.
Dio solo sa cosa succederebbe se saltasse fuori della pornografia gay fra le carte di Proust. (O è già successo? non sono informata.)
Tag: femminismo, giornalismo, kafka, letteratura, libri, pornografia, proust, storia, uk