La cattiva notizia per l’UAAR

A me, che pure sono socio UAAR, questa faccenda dei bus atei a Genova convince poco.

Lo slogan è ben diverso da quello inglese, che recita: “There’s probably no God. Now stop worrying and enjoy your life”. In italiano manca il “probabilmente”, che fa un mondo di differenza in termini teorici, pratici e metodologici.

Messa così sembra proselitismo, in uno stile indistinguibile da quello di certe réclame cattoliche o dei testimoni di geova. E sembra spocchioso e saccente; mentre io non ci tengo a convincere nessuno che dio non esiste, perché non è questo il punto.

Messa così è una contrapposizione sterile tra “dio non esiste” e “dio esiste”, dogmatismo puro da ambo le parti che non sposta di una virgola le convinzioni personali di nessuno. Come io non sono toccata minimamente dai proclami papali per cui dio c’è e ci ama e amiamolo o andremo all’inferno (ed è così perché è così e basta), analogamente non riesco a immaginarmi un credente che legge questa roba sul bus e risponde qualcosa di diverso da: “E invece secondo me esiste”.

Ed è una contrapposizione ridicola, perché il partito del “no” è in palese inferiorità numerica (per un totale di n. 2 autobus urbani) rispetto allo schieramento opposto. Di che ci illudiamo? E’ una strategia suicida.

Il senso non è contrapporre l’ateismo alla religione come due fazioni in lotta, ma contrapporre il dubbio e il sano esercizio della razionalità al fideismo dogmatico e irrazionale.

Dubbio: ovvero, quel “probabilmente”. In sede etica si può essere atei quanto si vuole, e io lo sono completamente; ma in sede teoretica vige il principio di falsificabilità, e dovremmo essere noi i primi ad applicare il metodo scientifico: l’ateismo non può ergersi a dogma. Anche Margherita Hack, presidente onorario dell’UAAR e mio mito personale, l’altra sera da Fazio (prima parte | seconda parte) ha parlato con garbo della “natura divina” del bosone di Higgs, e di certo non se l’è sentita di annunciare al mondo cosa c’era prima del Big Bang. Anzi, ha lasciato uno spiraglio aperto a un dio “orologiaio” tipo quello dei deisti, che crea il mondo ma non interviene in esso. Allora qual è il dio che non esiste? Neppure quello di Einstein che non gioca a dadi? Neppure quello di Spinoza? Siamo sicuri che il dio di tutti gli italiani sia esattamente lo stesso che ha in mente il papa?

Peraltro, se rimaniamo sul terreno dell’agnosticismo con il “probabilmente”, è facile che molte più persone si riconoscano nello slogan. Buttarla sull’ateismo assolutista e militante è pericoloso, perché ci fa passare per dogmatici come e più dei preti, e perché genera un rifiuto “di pancia” nel 99% degli italiani, che il senso religioso l’hanno bevuto col latte materno.

E poi, in generale: non è mai utile uno slogan che dice “gli altri sbagliano”, è sempre meglio uno slogan propositivo, che affermi una verità senza bisogno di negarne esplicitamente un’altra.

Avrei trovato utile, al limite, una bella frase di un autore classico, che stimolasse la riflessione. A me piace questa, per esempio:

Quando faccio il bene, mi sento bene. Quando faccio il male, mi sento male. Questa è la mia religione. (Abramo Lincoln)

Ma soprattutto, porco cane, nello slogan c’è una virgola tra soggetto e verbo.

In edicola: Storia della filosofia (Reale - Antiseri)


Il primo volume della Storia della filosofia, che Bompiani porta in edicola con il Corriere, promette molto bene. Non credo che gli autori abbiano bisogno di presentazione: Giovanni Reale è forse la massima autorità italiana su Platone, mentre Dario Antiseri è studioso del pensiero contemporaneo, in particolare negli ambiti della filosofia della scienza e del linguaggio.

Il primo tomo, “Dai presocratici ad Aristotele”, è disponibile da ieri (17 ottobre), e sono previste 14 uscite (700 e rotte pagine cadauna), a 14.90 euro più il prezzo del quotidiano. Duecento euro spalmati su più di tre mesi non mi paiono troppi, per un’opera che si presenta con una veste grafica decisamente accattivante. Piena di illustrazioni a colori, i concetti chiave evidenziati in schede e box molto piacevoli all’occhio. Qui il piano dell’opera.

Non è una ristampa di lusso del manuale per i licei: i testi sono tratti da varie opere dei due autori, uscite nel corso degli ultimi vent’anni. Comprende anche molti brani tratti dai classici, e quindi riunisce in sé il manuale e l’antologia filosofica, che al liceo di solito sono volumi separati (almeno ai miei tempi).

Ho già la prestigiosa (e molto più costosa) Storia della filosofia Utet, di Abbagnano; ma come ai tempi dell’università, è sempre bene sentire entrambe le campane e ripassare lo stesso autore sia sull’Abbagnano che sul Reale. Per preparare gli esoneri parziali di Storia della Filosofia I e II, all’epoca usavamo i manuali dei licei. Ricordo che il Reale/Antiseri era imbattibile sugli autori minori, e che in generale rispetto all’Abbagnano era molto più prolisso. Motivo per cui, chi aveva fretta studiava solo sull’Abbagnano. E i prof se ne accorgevano, se ripetevi a pappagallo le formulette dell’Abbagnano, che spesso semplificavano troppo i concetti.

Ci sono altri alumni di Filosofia che possono raccontare esperienze diverse dalla mia?

(No, non è una marchetta. Mi piace proprio ’sta roba, e me la pago di tasca mia.)

Interferenze

Ho appena tentato di spiegare Kant a un liceale dicendogli che, se il buon Immanuel avesse visto un ornitorinco, gli sarebbe venuto “un kernel panic dell’appercezione trascendentale”.

Rinchiudetemi.