La quarta bozza

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Archive for gender

Kafka e le donnine

(Ovvero: roba che, se ci fosse ancora Cuore, andrebbe rubricata sotto “Chi se ne frega?”)

Ma se anche fosse vero che Kafka conservava in casa materiale pornografico, quale sarebbe il problema? Perché tanta ansia di sottolineare che non si tratta di pornografia hard core, ma di “rappresentazioni giocose, alcune in forma di caricatura”?

Cosa spinge l’establishment culturale britannico a tanta pruderie? (sì, la diatriba è tutta interna alla scholarship kafkiana britannica). Sarà che anche in UK a ferragosto bisogna tirar fuori storie di sesso, ma che essendo il Guardian un giornale serio, se proprio deve parlar di sesso preferisce metterci in mezzo la cultura?

Ma soprattutto, che ce ne importa? Vorreste dirmi che esiste uno scrittore famoso negli ultimi 2-3 secoli che NON abbia mai fatto uso di pornografia? No, aspetta, riformulo: vorreste dirmi che esiste un solo uomo che non ne abbia mai fatto uso?

E ovviamente (apro una parentesi) ciò vale anche per molte donne, solo che le donne rifiutano di ammetterlo: e la colpa può essere, alternativamente, del retaggio religioso oppure della stramaledetta crociata femminista contro la pornografia. Crociata che sinora non ha ottenuto altro risultato che di confinare il porno etero in un regno tutto maschile, in cui è perfettamente logico che la rappresentazione delle donne non sia realistica. E’ questione di domanda e offerta: quando le donne ammetteranno che è possibile riflettere in modo serio sulla questione; quando smetteranno di coprirsi gli occhi col prosciutto della “reificazione” e “mercificazione” e “degradazione” del corpo femminile; allora il mercato si accorgerà che la parità dei sessi è economicamente vantaggiosa. [Consiglio in proposito questa lettura.]

Detto ciò, i difensori della morale di Kafka – almeno stando all’articolo – sono quasi tutti maschi. Ma è curioso che accusino lo storico in questione di essere “bigotto” per il solo fatto di aver dimostrato l’esistenza di quel materiale porno (o semi-porno). Sono curiosa di leggere il suo libro per capire se davvero si tratta di facile sensazionalismo e una gretta trovata di marketing, oppure se per caso i bigotti non siano proprio gli altri storici, che sapevano dell’esistenza di quel materiale ma hanno scelto di non parlarne in nessuna biografia di Kafka. Perché, sai, non sta bene parlarne.

Dio solo sa cosa succederebbe se saltasse fuori della pornografia gay fra le carte di Proust. (O è già successo? non sono informata.)

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Un post da donne, di quelli che da queste parti capitano così di rado

Prima ce la menano per anni con la storia delle modelle anoressiche, che i negozi sono pieni solo di taglie 38, che c’è la dittatura delle magre. Che le vere donne, quelle morbide creature che amano la buona tavola e sprizzano rotonda allegria da tutti i pori, e che costituirebbero la stragrande maggioranza della popolazione femminile, non trovano uno straccio da mettersi. Tapine.

Poi si constata che, negli ultimi giorni di saldi, da Zara sono rimaste solo taglie L e XL.

Orbene, chi li compra tutti quei tailleur taglia XS/36, sottraendomeli da sotto il naso? Bambine dodicenni?

Credo che la faccenda sia più complessa, e che in realtà i negozi discriminino nei confronti di tutte le taglie “fuori dalla media”, cioè non solo quelle sopra la 46, ma anche quelle sotto la 40. Taglie che non conviene tenere perché vendono di meno. A me per esempio la XS di Zara (che è una 36 francese, cioè una 40 italiana) sta molto larga, perché in teoria porterei almeno due taglie in meno (32FR = 36ITA). Morale: finisco per vestirmi quasi solo nei negozi per adolescenti, gli unici che vendano pantaloni taglia 32 (jeans 24-25) e che ammettano l’esistenza di donne prive di seni.

Ma non mi lamento. Il mio medico concorda con me: sempre meglio cinque chili sottopeso che cinque chili sopra. Per il cuore, per il colesterolo, per tutto quanto. Chi se ne frega dell’estetica, e dei vestiti, e del politicamente corretto. Non vorrei mai portare una taglia 42.

Bene. Ora mi siedo comoda e attendo che l’esercito delle vere donne (= quelle “mediterranee, polpose, con un po’ di carne intorno alle ossa, che a palparle non ti viene la tristezza”) giunga a rimbrottarmi. Del resto non ho mai preteso di essere una “vera donna”. Sai chi se ne sbatte. Andate a palpare qualcun’altra, ché io sto già a posto così.

Oh, a proposito, sto leggendo questo libro, è straordinario. Ci sarebbe tanto da dire, sulle “vere donne”, avendone il tempo.

Che cosa vuol dire appartenere al genere femminile o maschile? E’ davvero così facile distinguere un uomo da una donna? Judith Butler è convinta del contrario, e in questo libro affronta i luoghi comuni che si nascondono dietro la presunzione di poter assegnare un’identità in base al sesso biologico.

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Il sacrificio della patria nostra è consumato

Una magrezza [quella della vincitrice di Miss Italia] che scandalizza Oliviero Toscani, autore della campagna choc «no anorexia»: «Le ragazze sono scelte in base al concetto di bellezza di alcuni teleidioti. Se fossi una donna mi offenderei».

No, Toscani. Se io fossi una donna (e sapete che non lo sono), mi offenderei perché nel 2007 esiste ancora Miss Italia, e ancora si discute se inquadrare o meno il culo di questi quarti di manzo.

Ricapitolando (cito dai giornali perché non ho seguito la querelle in diretta): vince la più magra delle due favorite, e c’è chi la accusa di anoressia. Toscani strombazza la sua consueta campagna-shock. La povera vincitrice pseudo-anoressica (che in realtà pesa cinque-sei chili meno dell’altra, e trattasi visibilmente di una faccenda di costituzione: l’altra è atleta professionista, quindi i chili in più sono di muscoli), oltre a sorbirsi gli insulti gratuiti, sull’onda del politicamente corretto (Toscani-fuelled) è costretta a fingersi meno magra di quel che è, e a dichiarare una taglia 42 quando è evidente a chiunque che costei non porta più della 38. Come se fosse vergogna portare la 38 quando si è magre di costituzione. E invece no, ti devi difendere, devi dire e ridire a chiunque ti ascolti che mangi di tutto, che fai sport e non fai diete.

(P.S. ma questa qua sul serio ha solo diciassette anni? Ma che gli danno da mangiare ai ragazzi di oggi? )

E in tutto ciò, mentre un paese si ferma per contare i chili e i centimetri addosso a una bella statuina diciottenne, sfugge alla vista il vero nucleo della questione:

Povera Silvia Battisti, reginetta contestata che non avrebbe mai creduto di farcela e non si era preparata alle domande dei giornalisti. Che libri leggi? Memorabile risposta: «Solo libri di attualità, ho appena finito “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”».

(via - via)

miss-italia foscolo anoressia toscani motivi-per-deprimersi

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Giornalismo d’assalto

Fedele alle mie autoprescritte linee guida per l’uso corretto del blog (il punto 3 recita: “Se devi sparar cazzate in coefficiente superiore al 30%, meglio che tu non posti affatto: al massimo tumblra“) ero sparita per qualche giorno. Una volta magari ve le posto tutte, le linee guida.

Ma rieccomi.

Ieri, per motivi su cui non mi soffermerò, leggevo Glamour. Glamour è una rivista di moda, bellezza, costume e cose-da-donne, che pesa l’equivalente di un neonato non prematuro, e il cui target di lettrici sembra avere un’età mentale non di molto superiore al suddetto neonato non prematuro.

E poi uno dice che da queste riviste glossy non si impara niente. Ah no, io ho imparato un sacco di roba. Sentite qua:

  • A pagina 82, Valentino Garavani - uomo di età misurabile solo con generose dosi di Carbonio 14 - dichiara che “[lo] intrigano molto i Radiohead”, dopodiché sentenzia che “i pantaloni a vita bassa stanno facendo moltissimi danni”.
  • A pagina 86, apprendo che esistono i Foho (folk boho), “nuova tendenza hippy eclettica”. E vabbè. Il problema è che l’idolo dei Foho è Mischa Barton. Oh signùr.
  • A pagina 180 apprendo che avere fantasie erotiche che coinvolgono due donne “non è una fantasia di omosessualità”. Ah, ma guarda. Uno giudica troppo presto, eh. Apprendo che si tratta invece della “sensazione che si prova all’idea di trovarsi protagonista di uno scambio più particolare”. Eh?
  • A pagina 184 apprendo “quali sono i segnali per capire che ci si sta chiudendo all’amore in modo pericoloso”. Ora sì che mi è chiaro il rapporto tra “l’affettività e le nostre zone d’ombra”. Vorrei saperla scrivere anch’io, fuffa così.
  • A pagina 186, in perfetto stile “rubrica delle lettere di Cioè“, apprendo come si comporta la donna moderna ed emancipata quando l’ex della sua migliore amica le chiede di uscire. (Parole d’ordine: tatto e fermezza.)
  • A pagina 256 apprendo da inconfutabile testimonianza fotografica che Jonas Cuaròn (figlio di Alfonso e anch’egli regista), con il quale ho avuto occasione di parlare al telefono non molto tempo fa per questioni di lavoro, è un gran bel pezzo di figliuolo. Resta che il suo inglese è segnato da un accento messicano ancor più macchiettistico di quello del padre. (Io però in realtà speravo di parlare direttamente con Alfonso, e chiedergli un commento sul fatto che il coro delle streghe del Macbeth in Azkaban è diventato “Fa’ che la pozione quagli” nel doppiaggio italiano. Vabbè, sarà per la prossima volta).
  • A pagina 376 è fotografata e intervistata l’amica di un mio amico. Quant’è piccolo il mondo. Praticamente sono rimasta l’unica dei miei amici a non essere ancora stata intervistata da una rivista trendy. Non so se dolermene.
  • A pagina 442 mi promettono che, se volto pagina, scoprirò “come ritardare di un mese la comparsa della ricrescita” sull’attaccatura dei capelli. Da brava finta bionda, la cosa mi intriga, soprattutto perché ho sempre pensato che fosse impossibile fermare la crescita dei capelli. E infatti, voltando pagina scopro di essere stata miseramente gabbata: mi si dice di utilizzare uno “shampoo allo zenzero”, spazzolare i capelli solo con “setole di cinghiale” e fare l’ultimo risciacquo con aceto di mele. Viva la natura. Praticamente, se vado a vivere in una comunità Amish avrò capelli bellissimi. Allora, perché due pagine dopo c’è un publiredazionale su prodotti per capelli che costano dai trenta euro in su?

L’ho sempre detto, io, che dovevo nascere maschio.

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Dovevo nascere maschio

Non entro nella diatriba sull’articolo del FT circa la “morte del femminismo in Italia” perché ora come ora mi manca il tempo, ma il mio commento a quel post di IvanMez riassume in due parole come la penso.

(Tra parentesi, a proposito di generalizzazioni, mi ha fatto troppo ridere questo pezzo:

Harsher was the reaction of Il Giornale, a newspaper owned by the Berlusconi family. It accused the FT of hypocrisy given the conditions of women in Britain. It mocked English food as dreadful and criticised everything British.)

Anche perché chi sono io per difendere le donne? Io le donne non le capisco proprio.

Le donne, un universo incognito. E ve lo dice una di loro.

  • Perché le donne devono sempre andare al bagno in coppia? A me non scappa se c’è un’altra persona.
  • Perché le donne devono sempre profondersi in mugolii e vocalizzi isterici quando vedono i bambini piccoli? Perché, se una non ha senso materno, o semplicemente ha il senso del ridicolo, le altre devono guardarla male? Suvvia, i neonati sono quasi tutti brutti, e i bambini piccoli sono quasi tutti uguali. Ammettetelo. E tenete a bada gli ormoni.
  • Perché le donne devono amare i gatti? Cos’hanno di bello i gatti? Puzzano, e sono bastardi dentro. Prendetevi un cane, ché è meglio.
  • Perché le donne tra di loro non devono parlar d’altro che di sesso e vestiti? Come mai sono secoli che non ho una conversazione seria e stimolante con un’altra donna?
  • Perché le donne, dopo aver parlato di sesso per ore (vedi punto precedente), e per quanto si considerino “moderne” e leggano Cosmopolitan, restano strutturalmente incapaci di distinguere il sesso dall’”amore” (qualunque cosa esso sia)?
  • Perché le donne devono mettere fatine e gattini e pupazzetti giapponesi sui blog? Donne adulte, eh. Con il mutuo e la patente.
  • Perché le donne devono avere una percezione distorta del proprio corpo? E perché, quando loro stesse ammettono (a ragione) di avere “il culo grosso“, poi mettono dei vestiti attillati che farebbero sembrare grassa persino me? E poi dicono a me che devo mangiare di più? Lo fanno per consolarsi?
  • Perché le donne sono fissate con le scarpe? Eh ok, questa la so.

femminismo italia donne sesso gran-bretagna

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