La quarta bozza
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29 Luglio 2008 alle 1:49 pm · Nelle categorie gender, italianiiii, minima moralia, pop
Prima ce la menano per anni con la storia delle modelle anoressiche, che i negozi sono pieni solo di taglie 38, che c’è la dittatura delle magre. Che le vere donne, quelle morbide creature che amano la buona tavola e sprizzano rotonda allegria da tutti i pori, e che costituirebbero la stragrande maggioranza della popolazione femminile, non trovano uno straccio da mettersi. Tapine.
Poi si constata che, negli ultimi giorni di saldi, da Zara sono rimaste solo taglie L e XL.
Orbene, chi li compra tutti quei tailleur taglia XS/36, sottraendomeli da sotto il naso? Bambine dodicenni?
Credo che la faccenda sia più complessa, e che in realtà i negozi discriminino nei confronti di tutte le taglie “fuori dalla media”, cioè non solo quelle sopra la 46, ma anche quelle sotto la 40. Taglie che non conviene tenere perché vendono di meno. A me per esempio la XS di Zara (che è una 36 francese, cioè una 40 italiana) sta molto larga, perché in teoria porterei almeno due taglie in meno (32FR = 36ITA). Morale: finisco per vestirmi quasi solo nei negozi per adolescenti, gli unici che vendano pantaloni taglia 32 (jeans 24-25) e che ammettano l’esistenza di donne prive di seni.
Ma non mi lamento. Il mio medico concorda con me: sempre meglio cinque chili sottopeso che cinque chili sopra. Per il cuore, per il colesterolo, per tutto quanto. Chi se ne frega dell’estetica, e dei vestiti, e del politicamente corretto. Non vorrei mai portare una taglia 42.
Bene. Ora mi siedo comoda e attendo che l’esercito delle vere donne (= quelle “mediterranee, polpose, con un po’ di carne intorno alle ossa, che a palparle non ti viene la tristezza”) giunga a rimbrottarmi. Del resto non ho mai preteso di essere una “vera donna”. Sai chi se ne sbatte. Andate a palpare qualcun’altra, ché io sto già a posto così.
Oh, a proposito, sto leggendo questo libro, è straordinario. Ci sarebbe tanto da dire, sulle “vere donne”, avendone il tempo.
Che cosa vuol dire appartenere al genere femminile o maschile? E’ davvero così facile distinguere un uomo da una donna? Judith Butler è convinta del contrario, e in questo libro affronta i luoghi comuni che si nascondono dietro la presunzione di poter assegnare un’identità in base al sesso biologico.
Tags: gender, moda, società
27 Marzo 2008 alle 6:46 pm · Nelle categorie autoreferenzialità, italianiiii
Risorgo. A debita distanza dalla Pasqua, ché poi non si dica che mi sono montata la testa.
Risorgo dopo un mesetto di lavoro frenetico (tipo 16 ore al giorno), e tento di far risorgere con me anche questo blog. Possibilmente con più costanza, e post un po’ meno monotematici. Risorgo, aggiungerei, accodandomi all’andazzo blogosferico.
L’iniziativa, se ho ben capito, è partita da David Orban e Luca Conti. Il succo è: bisogna dire chiaro e tondo da che parte si sta. Cioè funziona che si scrive “Io sostengo” nel titolo del post, e poi si scrive per chi si intende votare alle politiche del mese prossimo.
Be’, da che parte sto io mi sembrava fosse ampiamente chiaro, e da tempo; però, per la cronaca, riporto i risultati dei due quiz che mi paiono più diffusi in questi giorni. L’iniziativa mi sembra utile: se non altro ho appurato che ci sono molti più blogger di destra di quanto credessi. Prima avevo l’impressione che la prevalenza delle opinioni di sinistra fosse molto netta, invece la realtà è un po’ più sfumata. Viva il pluralismo. L’importante è andarci, alle urne.
Primo test: quello di Kataweb, detto “Politometro“. Vediamo che ne esce:
Ne esce che sono più laica di Bertinotti, in sostanza. Non se n’era accorto nessuno, eh.
Il secondo test è Voi siete qui, realizzato da OpenPolis. Le domande sono più o meno le stesse dell’altro test. Questo però l’ho dovuto fare due volte, perché la prima volta anch’io, come Hardcore Judas, risultavo un po’ “incollocabile”. Ero senz’altro più vicina alla sinistra, ma un paio di risposte avevano falsato i risultati, forse perché avevo fatto il test molto in fretta e un po’ distrattamente. (E forse perché sono favorevole al nucleare? A cui peraltro il PD non mi pare si opponga in modo categorico.) Quindi prendete il seguente grafico con il classico grano salis, ma direi che grossomodo ci siamo. Potete consultare il mio risultato a questo indirizzo.
Comunque, il fatto che i risultati non siano del tutto sovrapponibili, a fronte di domande molto simili nei due test, mi lascia pensare che non siano strumenti molto affidabili. Soprattutto il “Tu dove sei”: è bastato modificare un paio di “molto contrario” in semplici “contrario”, e mi sono spostata quasi da tutt’altra parte. E’ solo un gioco, alla fine.
Ah, già, devo dirvi per chi voto. Mi tocca votare PD, tappandomi il naso causa Binetti. Credo si debba essere realisti, e non sprecare il voto inseguendo sogni di gloria (che ne so, qualcosa di concreto per le coppie di fatto? Alla voce unioni civili, mi piange il cuore nel constatarlo, il PD risulta solo “tendenzialmente favorevole”. Le palle non le hanno proprio, ahinoi). Sono dell’idea che si debba votare con la testa, non con la pancia. La pancia mi porterebbe più a sinistra, naturalmente.
10 Novembre 2007 alle 12:09 pm · Nelle categorie italianiiii, minima moralia, nerdiness
Purtroppo si rende necessaria una seconda puntata. La prima puntata è qui. Non escludo una terza.
Altra casistica di violentatori dell’italico idioma:
- Quelli che per puro caso ci indovinano, e scrivono dà (voce del verbo dare) con l’accento, e tu dici: ah be’, hanno studiato, bravi. Solo che poi li vedi che scrivono egli fà (voce del verbo fare) io stò (verbo stare) e sù (contrario di giù). E ti si accapona la pelle.
- Quelli che scrivono bhe o addirittura (Zeus abbia pietà di noi) bhè. Essendo un troncamento di “bene”, si scriverà be’, con l’apostrofo. Al massimo potete azzardare beh con l’acca, che però è più deprecato del tag a una cena sociale del comitato direttivo del W3C; e se vi imbattete in un redattore di professione tipo yours truly, l’acca farà una brutta fine. (Io però scrivo tranquillamente “beh” in chat o su un forum, perché comunque non è scorretto.)
- Quelli che esagerano con i congiuntivi, mettendoli anche dove non servirebbero, per timore di passare per ignoranti; dicesi: ipercorrettismo. Per esempio: “E’ giusto che chi commetta un reato ne paghi le conseguenze”. Non starò a spiegarvi che, dal momento che il verbo commettere non dipende dal “che” (e il soggetto del verbo pagare è “colui il quale commette un reato”)… be’, ci arrivate da soli. (Approfondimenti qui e qui)
- Quelli che sbagliano il congiuntivo quando si riferiscono a se medesimi. Ciò accade con allarmante frequenza su Twitter, dove è abitudine parlare in terza persona, e capita spesso di leggere cose esilaranti tipo “@XY crede che non si senta troppo bene”. Senta? Senta, chi? Chi non si sente bene? Suo cugino? Il gatto? Poi capisci che è lo scrivente ad avvertire i prodromi dell’influenza. E che avrebbe potuto benissimo scrivere “@XY crede di non sentirsi troppo bene”. E allora anche tu non ti senti granché bene.
- Quelli che scrivono un’amico e un amica con gli apostrofi a caso. Gente con due lauree, giuro.
- Quelli che ignorano la punteggiatura e conoscono solo i tre puntini … e peraltro … lasciano uno spazio di troppo … prima … di scriverli … come fosse un omissis all’americana … perché se fosse all’italiana … ci vorrebbero le quadre … così […] ma loro sono italiani … e fieri della bella lingua che credono (… illusi! …) di saper parlare … e quindi ti ritrovi interi post di quaranta righe scritti così … e non capisci dove finisce una … frase … e inizia l’altra … e ti viene da piangere …
- Quelli che fanno uso dell’abominevole aggettivo dimostrativo (A.A.D.): tale. L’A.A.D. non andrebbe mai usato quando si scrive con tono colloquiale. A esser pignoli, non andrebbe mai usato al di fuori di un verbale dei Carabinieri o di un atto notarile. Avete presente? Quelli che scrivono di un film, e li si legge con piacere per mezza pagina, finché all’improvviso non iniziano un capoverso con “Tale film…”.
- Quelli che scrivono perchè e sè con l’accento grave. Il correttore automatico di Word ve li corregge, ma Wordpress no (ci vorrebbe un plugin).
Ciò di cui mi stupisco è che ci sia bisogno di ricordare queste regolette a gente che ha un diploma di maturità o magari una laurea. Non sono giunta a conclusioni migliori di quelle del post precedente: dev’essere colpa della scuola italiana.
(P.S. già che sono in tema di Twitter: come ha giustamente fatto osservare Suzukimaruti tempo fa, per twittare in inglese bisogna saperlo, l’inglese. Occorre sapere cose del tipo “to look e to listen non sono verbi transitivi”, per intenderci. Certo che, non sapendo nemmanco l’italiano, ce li voglio.)
italiano grammatica twitter congiuntivi
8 Novembre 2007 alle 7:23 pm · Nelle categorie blogging, italianiiii, minima moralia, pop
Comunque, per dire: io propongo l’abolizione dalla blogo-/twittersfera delle parole “maschietto” e “femminuccia” se riferite a maggiori di quattordici anni. Fatemelo come favore personale. Fateli pure, i meme rosa e i meme celesti, per quel che me ne frega (no che non li linko). Ma fateli con la consapevolezza di essere persone adulte, persone con un mutuo, una tessera elettorale, una patente B.
Già che ci siamo: basta con “la dolce metà”, “il mio boy”, “il mio lui” eccetera. Non fa ridere, non fa tenerezza. Dà solo i conati. Chiamatelo per nome, vi prego: restituitegli una dignità.
Questo paese non ha più una spina dorsale, cazzo.
P.S. Signori del telegiornale, io non vi conosco di persona, non siamo in confidenza, e soprattutto siamo tutti persone adulte. Quindi, nelle storie di cronaca, non parlatemi di “mamma” e “bimbo”, ma di “madre” e “bambino”. Grazie. (Vi risparmio la mia opinione circa i servizi del telegiornale che esordiscono parlando di “giovani vite spezzate”.)
P.P.S. No, in effetti risultare simpatica non è mai stato fra le mie priorità, nella vita.
meme età-mentale blog twitter
27 Settembre 2007 alle 9:28 am · Nelle categorie gender, italianiiii, pop
Una magrezza [quella della vincitrice di Miss Italia] che scandalizza Oliviero Toscani, autore della campagna choc «no anorexia»: «Le ragazze sono scelte in base al concetto di bellezza di alcuni teleidioti. Se fossi una donna mi offenderei».
No, Toscani. Se io fossi una donna (e sapete che non lo sono), mi offenderei perché nel 2007 esiste ancora Miss Italia, e ancora si discute se inquadrare o meno il culo di questi quarti di manzo.
Ricapitolando (cito dai giornali perché non ho seguito la querelle in diretta): vince la più magra delle due favorite, e c’è chi la accusa di anoressia. Toscani strombazza la sua consueta campagna-shock. La povera vincitrice pseudo-anoressica (che in realtà pesa cinque-sei chili meno dell’altra, e trattasi visibilmente di una faccenda di costituzione: l’altra è atleta professionista, quindi i chili in più sono di muscoli), oltre a sorbirsi gli insulti gratuiti, sull’onda del politicamente corretto (Toscani-fuelled) è costretta a fingersi meno magra di quel che è, e a dichiarare una taglia 42 quando è evidente a chiunque che costei non porta più della 38. Come se fosse vergogna portare la 38 quando si è magre di costituzione. E invece no, ti devi difendere, devi dire e ridire a chiunque ti ascolti che mangi di tutto, che fai sport e non fai diete.
(P.S. ma questa qua sul serio ha solo diciassette anni? Ma che gli danno da mangiare ai ragazzi di oggi? )
E in tutto ciò, mentre un paese si ferma per contare i chili e i centimetri addosso a una bella statuina diciottenne, sfugge alla vista il vero nucleo della questione:
Povera Silvia Battisti, reginetta contestata che non avrebbe mai creduto di farcela e non si era preparata alle domande dei giornalisti. Che libri leggi? Memorabile risposta: «Solo libri di attualità, ho appena finito “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”».
(via - via)
miss-italia foscolo anoressia toscani motivi-per-deprimersi
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