Presentazione: Harry Potter, come creare un business da favola
ott 24, 2008 editoria, milano, pop
Martedì scorso sono stata alla presentazione di questo libro, alla Feltrinelli Duomo qua a Milano.
Susan Gunelius, Harry Potter. Come creare un business da favola, Egea
(qui il book trailer)
Hanno partecipato:
- Paola Dubini, autrice della postfazione. Docente di marketing alla Bocconi e autrice di questo bel libro su editoria ed economia (su cui ho studiato pure io, tempo addietro).
- Isabella Bossi Fedrigotti (immagino sappiate tutti chi è), autrice della prefazione.
- Stefano Salis, giornalista del Domenicale del Sole24Ore, esperto dell’industria editoriale.
Non ho ancora letto il libro, ma ho pensato di trascrivere qui gli appunti che ho preso durante la presentazione, nel caso possano tornare utili a qualcuno che sta meditando di comprare il tomo. Se riesco, poi farò anche una recensione.
Salis: Harry Potter può essere definito, senza tema di smentita, il fenomeno editoriale più importante di sempre: 400 milioni di copie, un brand da 4 miliardi di dollari. Per farsene un’idea, calcoliamo che in Italia si definisce grande bestseller un romanzo che venda centomila copie. Harry Potter diventerà sicuramente un classico: ne sentiremo ancora parlare fra trent’anni. E’ stato il primo grande bestseller globale, anche grazie a Internet. E per le generazioni future, cioè per i figli di chi lo sta leggendo oggi, potrebbe diventare un esempio di formazione anche morale, come in passato Pinocchio.
Bossi Fedrigotti: Ha letto solo una parte del primo romanzo, quindi non può giudicare la saga nel suo complesso. Luigi Spagnol [presidente del gruppo editoriale di cui fa parte Salani] gliene parlò in toni entusiastici dopo averlo comprato, ma non era ottimista, perché di recente aveva avuto brutte esperienze con romanzi di argomento analogo (in particolare una serie sui vampiri, destinata alla stessa fascia di età di HP). A lei era sembrato carino, ma niente di eccezionale, tanto che non aveva terminato di leggerlo. Il paragone più ovvio è con Beatrix Potter, grande autrice di libri per bambini (ma per bambini più piccoli): oggi, cercando “potter” in internet, la povera Beatrix non si incontra prima della decima pagina di risultati.
Ormai, le recensioni dei giornalisti non influiscono quasi più sulle vendite: conta molto di più il passaparola. Harry Potter ha il vantaggio di essere un libro trasversale, che piace a tutti: ai bambini, perché parla di avventure, mistero, paura. Agli adulti, perché parla di ragazzini tutto sommato disciplinati e obbedienti, un’adolescenza “governabile”, una scuola in cui c’è poco bullismo. Ai nonni invece piace perché ricorda la loro infanzia, spesso trascorsa in collegio, sotto il giogo di una disciplina severa.
Harry Potter è anche la testimonianza che, nonostante si continui a temere che Internet possa decretare la morte del libro, finora i libri sopravvivono.
Paola Dubini: Nel settore editoriale, generalmente si ha a che fare con numeri piccoli. Harry Potter invece smuove cifre da settore industriale. Otto milioni di copie vendute nei soli Stati Uniti in ventiquattr’ore. Uno sforzo gestionale e logistico straordinario. Una vera e propria macchina da guerra dal punto di vista produttivo, distributivo, organizzativo. Il risultato di una scommessa rischiata da tante persone su un titolo fra milioni di titoli, magari neppure il più bello. Va reso merito alla casa editrice americana, la Scholastic, di aver scommesso su questo libro con una tiratura altissima.
“Il fatturato di una casa editrice si fa con le novità, i soldi si fanno col catalogo”, dice un vecchio adagio.Gli ultimi dati AIE parlano di 600.000 titoli in commercio soltanto in Italia. I bestseller costituiscono in media il 5 per cento del catalogo di un editore, e ovviamente il difficile è prevedere quale 5 per cento. A trasformare un libro in un fenomeno editoriale è un effetto “palla di neve”, e le dinamiche non sono prevedibili: alcuni bestseller nascono e muoiono subito, perché pompati dal marketing senza che al di sotto vi sia una qualità vera. Altri restano punti di riferimento per le generazioni successive, cioè diventano anche longseller.
Un libro come Harry Potter può rappresentare anche un forte investimento sui “lettori deboli”, quelli che leggono solo uno o due libri all’anno; è vero che se HP è uno di quei due libri, poi costoro non leggeranno altro; ma è anche vero – e si è visto succedere – che romanzi di questo tipo avvicinino molti non-lettori al mondo della parola stampata.
Bossi Fedrigotti: da quel poco che ha letto, azzarderebbe un voto tra il 6 e il 7 per la qualità letteraria di HP. Si domanda allora perché un fenomeno del genere non si sia finora ripetuto, visto che sicuramente esisteranno in giro libri ancor più belli.
Salis: I lettori avranno ben trovato qualcosa di buono in questo libro, per continuare a leggere oltre il primo volume.
Bossi Fedrigotti: Certo, evidentemente questi libri hanno toccato la fantasia e l’immaginazione e l’intelligenza dei lettori. Ma lei, avendone letto mezzo ed essendosi stufata, non saprebbe proprio dire cos’abbia di speciale. Il materiale letterario è “carino ma non eccelso”.
Dubini: La Warner Bros e gli editori cercheranno in ogni modo di far durare il fenomeno anche nei prossimi anni, ma non è facile prevedere se questi libri lasceranno il segno anche nelle generazioni future. Nella sua generazione è accaduto lo stesso con Gianni Rodari, letto da bambina e poi “riciclato” per i suoi figli perché nel frattempo è tornato di moda. Neanche lei ha terminato la lettura della Pietra Filosofale.
La situazione è che, con 60.000 novità che escono in Italia ogni anno, un solo titolo orienta l’intero settore librario. Settore che, inutile negarlo, è legato a doppio filo alla sorte di pochi bestseller. Un libro come HP non fa che bene al settore, perché allarga il mercato. Meglio ancora sarebbe se entrasse nei programmi delle scuole, com’è accaduto per altri longseller come Levi o Calvino. Grazie a HP, gli indici di lettura per la fascia d’età 12-16 sono saliti in Italia, e sono rimasti alti a lungo. D’altronde HP cresceva insieme ai lettori, e se li è portati dietro per anni. Lo stesso ha fatto Geronimo Stilton per la fascia 7-9 anni.
Ma il bello è che HP ha “bucato” anche su altre fasce d’età, in particolare quella 18-30, che tende a segnalare in modo forte i fenomeni editoriali e non solo (anche l’iPod ha fatto presa, inaspettatamente, su quella fascia).
Salis: Quello di Harry Potter non è un fenomeno replicabile: è totalmente eccezionale e fuori scala nel comparto editoriale italiano e non. Ma il suo successo NON è imputabile a un’operazione di marketing, perché se così fosse, gli editori ripeterebbero quell’operazione con tutti i libri. Deve trattarsi allora di una certa qualità intrinseca del libro, che stimola il passaparola tra i lettori. Il marketing può convincerti a leggere il primo volume, ma se poi fa schifo non ne leggi altri sei.
Salis dissente dalla Bossi Fedrigotti e definisce “medio-alto” il valore letterario dell’opera.
E soprattutto: Meno male che c’è HP e che ci sono i bestseller. La vendita dei bestseller fornisce agli editori un capitale con cui finanziare la pubblicazione di cinquantamila “fiaschi” commerciali, che magari sono libri di valore molto superiore.
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Ecco qua. A parte la curiosa situazione per cui abbiamo un panel di tre opinionisti, due dei quali non hanno letto Harry Potter, direi che sono emerse idee interessanti. La Bossi Fedrigotti ha svolto il suo “sporco” lavoro di opinionista/tuttologa, e se l’è cavata a mio avviso dignitosamente. Certo, sarebbe stato meglio se avesse letto almeno i primi 2-3 HP prima di stendere la prefazione. La Dubini non avrà letto HP, ma sa benissimo di cosa parla, e ha detto a mio avviso cose giustissime. Salis si è trovato nel ruolo scomodo di “unico fan di HP” in sala, ma dalle sue parole traspare un apprezzamento vivo e vero per questi libri.
Sono previste altre presentazioni dello stesso libro, con ospiti diversi ma sempre con la partecipazione della Dubini, a Bologna e a Roma.
Tag: editoria, harry potter, libri