And by a sleep to say we end the heartache
ago 26, 2008 autoreferenzialità, pop
L’insonnia è, al pari del mal di schiena, uno dei disturbi tipici dell’età contemporanea e più frequenti nei Paesi occidentali. Ne consegue l’uso massiccio di farmaci che possono dare dipendenza, con forti costi sociali (calo del 20% della produttività sul lavoro; e ottomila morti l’anno solo per i “colpi di sonno” al volante).
Leggevo che secondo alcuni, la grande diffusione dell’insonnia nella nostra società dipende dall’abbandono dei ritmi di sonno tipici del mondo antico. Come accade oggi in molte società primitive, anche i nostri bisnonni dormivano un “primo sonno” e un “secondo sonno” di circa quattro ore ciascuno, inframmezzati da 1-3 ore di veglia in piena notte; e sembra proprio che questa scansione del sonno sia più naturale, più in armonia con il ritmo circadiano dell’uomo.
Nell’antichità, il sonno era più strettamente legato al tramonto e al sorgere del sole. Un’ora dopo il crepuscolo le persone si mettevano a letto, dormivano per circa quattro ore e poi si alzavano; restavano svegli per qualche ora e poi tornavano a letto, verso le due di notte, per altre quattro ore circa. Testimonianze scritte a partire dal I secolo indicano che l’intervallo fra il primo e il secondo sonno consentiva di praticare una silenziosa contemplazione; ma c’era chi si alzava dal letto e svolgeva faccende domestiche, o addirittura andava in visita da amici e parenti. Diari, documenti e opere letterarie testimoniano che questo ritmo di sonno era praticato da molti, ma in età moderna se n’è perduta la memoria. Oggi nei Paesi sviluppati la luce artificiale estende la durata del giorno; ma gli antropologi hanno osservato un pattern analogo di sonno segmentato in alcune tribù africane contemporanee…
E molte popolazioni hanno la tradizione della siesta pomeridiana, che consente di dormire un paio d’ore in meno di notte. Si direbbe quindi che non sia molto sensato inseguire il miraggio delle “otto ore di sonno continuativo” ogni santa notte. Peraltro, pare che dormire più di 6-7 ore possa far male alla salute.
Esiste l’insonnia primaria, cioè la difficoltà ad addormentarsi di sera; e quella secondaria, tipica di chi si risveglia in piena notte e non riesce più a riaddormentarsi.
La sottoscritta soffre di tutti i tipi di insonnia possibili e immaginabili. I miei ritmi circadiani sono estremamente irregolari, oppure non ho ancora capito bene quali siano: so solo che lavoro bene al mattino presto ma anche alla sera tardi, e le due cose sono difficilmente conciliabili.
E’ anche per questo che non mi trovavo bene con gli orari del lavoro d’ufficio. Quando ero in casa editrice, durante le quattro ore pomeridiane la mia produttività crollava: poi tornavo a casa e mi rimettevo al lavoro,* e a mezzanotte, al massimo della lucidità, ero costretta a staccare tutto e mettermi a letto, con lo spettro della sveglia puntata alle sette.
(*) (In editoria è normale portarsi il lavoro a casa ogni sera. Io per di più la sera traducevo.)
Lavoro da casa da un anno e mezzo; tra i tanti vantaggi, il migliore per me è poter decidere in autonomia l’orario di lavoro. A volte tento di seguire orari più o meno regolari, e resisto così (alzandomi alle 7 e andando a letto verso mezzanotte) per quattro-cinque giorni. Poi “perdo il ritmo”, e approfitto dei momenti di maggiore lucidità per lavorare: insomma, dormo di pomeriggio. Da qualche giorno mi aiuto con pillole di melatonina alla sera, che in effetti donano una sonnolenza “naturale” (ben diversa da quella, fastidiosissima, indotta ad esempio dagli antistaminici), ma non sono ancora in grado di testimoniarne compiutamente l’effetto; ci vorrà qualche settimana.
Per chi può permetterselo, cioè per chi non deve essere in ufficio alle nove ogni mattina, esistono opzioni alternative alle classiche 7-8 ore di sonno notturno continuativo. Esiste il cosiddetto sonno polifasico, che può essere modulato a seconda delle esigenze in base a tre strategie principali:
* Everyman (3h + 3x 20min)
* Uberman (6x 20min)
* Dymaxion (4x 30min)
In pratica: la versione “soft” prevede di dormire 3-4 ore di notte, e recuperare il resto con brevi sonnellini durante il giorno; la versione “hard” prevede soltanto i sonnellini, ma distribuiti nell’arco delle 24 ore.
Non so quanto ci sia di scientifico (e di sano!) dietro a tutto ciò; so solo che per alcune persone sembra funzionare. Oltre a regalarci molto più tempo libero (e questo, devo dire, mi tenta), il sistema garantirebbe una maggiore lucidità e produttività nelle 24 ore. Non so se ci proverò anch’io; ma ho imparato che certe volte è meglio dormire un’oretta piuttosto che continuare a lavorare per puro senso del dovere/senso di colpa: è inutile, in quei momenti sono molto meno produttiva.
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Tag: antropologia, insonnia, ritmo circadiano, sonno, sonno polifasico, storia
agosto 26th, 2008 at 10:17 am
Beata tu che puoi
Qualche estate fa (2006 credo) mi ero messo a fare ritmi di vita “insensati” per il mondo esterno, andavo a letto verso le 5 e mezza di notte e a mezzogiorno mi svegliavo. Beh, mai stato bene come allora, sia fisicamente (niente mal di schiena o torcicollo) sia mentalmente (sarà che potersi permettere questi orari fa bene anche senza doverli applicare :D).
Del resto io non dormo molto, anche perché la mia produttività cala se supero le 5/6 ore, considerando che mi ci vuole almeno un’altra ora per svegliarmi sul serio nel caso lo faccia.
Ora mi sento in colpa quando ti scrivo e mi dici “ero a letto” .-.agosto 26th, 2008 at 10:44 am
“so solo che lavoro bene al mattino presto ma anche alla sera tardi, e le due cose sono difficilmente conciliabili.”
ahahah Pri, è una delle cose che abbiamo in comune, a me ha sempre fatto ridere il fatto di lavorare benissimo sia la mattina presto (che dedico a badtaste) che la sera tardi (che dedico alla fotografia). Aggiungici il fatto che odio dormire, e che se dormo più di 15 minuti il pomeriggio mi viene una letargia difficilmente recuperabile…
comunque fai conto che dormire un sonno polifasico potrebbe dare problemi alla vita sociale (come se questo ci interessasse)… ti immagini andare a fare un giro in centro un pomeriggio con gli amici e chiedergli di fare una sosta per schiacciare un pisolino di 20 minuti? ahahah!
p.s. che bello il furettinooo!
agosto 26th, 2008 at 10:49 am
@Maephis: tengo il telefono e gli IM sempre accesi appunto per questo: nessuno di voi ha modo di prevedere quando può trovarmi sveglia e quando invece dormo. Se mi svegliate pazienza, poi torno a dormire.
@Andrea: vita sociale? tu ne hai? io no. Quello strano sei tu comunque, se è vero che odi dormire. Io adoro dormire, solo che mi rode dover sprecare otto ore intere su 24 per quella singola attività. Una persona di novant’anni ne ha passati TRENTA dormendo, roba da matti.
agosto 26th, 2008 at 1:11 pm
“E molte popolazioni hanno la tradizione della siesta pomeridiana, che consente di dormire un paio d’ore in meno di notte.”
Come la popolazione salentina, per esempio
agosto 27th, 2008 at 11:26 am
io ho il problema opposto. se lasciata a me stessa dormo dieci ore a notte e faccio pure il pisolino pomeridiano. le mie ore di veglia sono meno di quelle del mio gatto, e decisamente meno attive.
settembre 1st, 2008 at 12:03 pm
L’idea di fare visita agli amici e magari di fare compere per le 2 di notte sarebbe un’ottima idea per il caldo che c’è il pomeriggio. Il problema è poi addormentarsi alle 2 di pomeriggio con 30 gradi in camera su un materasso che sembra una piastra calda per crepes…
settembre 2nd, 2008 at 1:18 pm
Ad agosto ogni tanto ho dormito per oltre 12 ore di fila.
Sarà che non avevo nient’altro da fare
settembre 14th, 2008 at 10:36 am
Per fortuna non ne ho mai sofferto. Però pensavo di essere un po’ strano dormendo (durante i periodi universitari) non più di cinque ore a notte. Ed invece si dice che fa anche bene… meglio così!
ottobre 17th, 2008 at 9:36 pm
*test*
dicembre 22nd, 2008 at 1:40 pm
c’è qualche controindicazione per la salute? Vorrei provare ma non è che fa male?
dicembre 22nd, 2008 at 1:45 pm
Come ho detto nel post, non lo so: non sono un medico, e consiglierei decisamente, a chiunque voglia provare queste tecniche, di fare prima due chiacchiere con il medico di famiglia.