L’eterna lotta dell’Uomo contro il Congiuntivo
Purtroppo si rende necessaria una seconda puntata. La prima puntata è qui. Non escludo una terza.
Altra casistica di violentatori dell’italico idioma:
- Quelli che per puro caso ci indovinano, e scrivono dà (voce del verbo dare) con l’accento, e tu dici: ah be’, hanno studiato, bravi. Solo che poi li vedi che scrivono egli fà (voce del verbo fare) io stò (verbo stare) e sù (contrario di giù). E ti si accapona la pelle.
- Quelli che scrivono bhe o addirittura (Zeus abbia pietà di noi) bhè. Essendo un troncamento di “bene”, si scriverà be’, con l’apostrofo. Al massimo potete azzardare beh con l’acca, che però è più deprecato del tag
a una cena sociale del comitato direttivo del W3C; e se vi imbattete in un redattore di professione tipo yours truly, l’acca farà una brutta fine. (Io però scrivo tranquillamente “beh” in chat o su un forum, perché comunque non è scorretto.) - Quelli che esagerano con i congiuntivi, mettendoli anche dove non servirebbero, per timore di passare per ignoranti; dicesi: ipercorrettismo. Per esempio: “E’ giusto che chi commetta un reato ne paghi le conseguenze”. Non starò a spiegarvi che, dal momento che il verbo commettere non dipende dal “che” (e il soggetto del verbo pagare è “colui il quale commette un reato”)… be’, ci arrivate da soli. (Approfondimenti qui e qui)
- Quelli che sbagliano il congiuntivo quando si riferiscono a se medesimi. Ciò accade con allarmante frequenza su Twitter, dove è abitudine parlare in terza persona, e capita spesso di leggere cose esilaranti tipo “@XY crede che non si senta troppo bene”. Senta? Senta, chi? Chi non si sente bene? Suo cugino? Il gatto? Poi capisci che è lo scrivente ad avvertire i prodromi dell’influenza. E che avrebbe potuto benissimo scrivere “@XY crede di non sentirsi troppo bene”. E allora anche tu non ti senti granché bene.
- Quelli che scrivono un’amico e un amica con gli apostrofi a caso. Gente con due lauree, giuro.
- Quelli che ignorano la punteggiatura e conoscono solo i tre puntini … e peraltro … lasciano uno spazio di troppo … prima … di scriverli … come fosse un omissis all’americana … perché se fosse all’italiana … ci vorrebbero le quadre … così […] ma loro sono italiani … e fieri della bella lingua che credono (… illusi! …) di saper parlare … e quindi ti ritrovi interi post di quaranta righe scritti così … e non capisci dove finisce una … frase … e inizia l’altra … e ti viene da piangere …
- Quelli che fanno uso dell’abominevole aggettivo dimostrativo (A.A.D.): tale. L’A.A.D. non andrebbe mai usato quando si scrive con tono colloquiale. A esser pignoli, non andrebbe mai usato al di fuori di un verbale dei Carabinieri o di un atto notarile. Avete presente? Quelli che scrivono di un film, e li si legge con piacere per mezza pagina, finché all’improvviso non iniziano un capoverso con “Tale film…”.
- Quelli che scrivono perchè e sè con l’accento grave. Il correttore automatico di Word ve li corregge, ma Wordpress no (ci vorrebbe un plugin).
Ciò di cui mi stupisco è che ci sia bisogno di ricordare queste regolette a gente che ha un diploma di maturità o magari una laurea. Non sono giunta a conclusioni migliori di quelle del post precedente: dev’essere colpa della scuola italiana.
(P.S. già che sono in tema di Twitter: come ha giustamente fatto osservare Suzukimaruti tempo fa, per twittare in inglese bisogna saperlo, l’inglese. Occorre sapere cose del tipo “to look e to listen non sono verbi transitivi”, per intenderci. Certo che, non sapendo nemmanco l’italiano, ce li voglio.)
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