Backup Day
ott 16, 2007 internet, nerdiness
Vi ho già parlato della mia sindrome del backup compulsivo, nata all’epoca del mio primo palmare. E avrete sicuramente sentito di quel che è accaduto di recente al povero Francis Ford Coppola, che ha perso 15 anni di documenti immagazzinati sul suo portatile, involato da mani ignote; salvo poi dichiarare:
«Ho perso anche il backup», «non trovo la chiavetta», «avevo tutto nella stessa valigia». Inutile infierire. Coppola è triste.
Non infierirò, infatti.
Ebbene: per chi non lo sapesse, dopodomani 18 ottobre ricorre il Backup Day: la giornata in cui tutti voi PAZZI furiosi, che non prendete mai misure precauzionali per la salvaguardia dei vostri preziosi documenti, dovreste munirvi di dispositivi di data storage e farne buon uso. E non parlo di chiavette USB, che a smagnetizzarle ci vuol niente.
Quanto a me, da quando mi è capitato di perdere un po’ di roba (tra cui parecchie foto di Remuz) in seguito all’harakiri commesso dal vecchio pc, sono corsa ai ripari. La mia routine di backup è:
- per i siti e il blog: backup dei db via mySql almeno due volte a settimana. Ora che ci ripenso dovrei fare un bel backup dei file via ftp, tanto per star tranquilli. Il mio hosting giura che fa backup giornalieri, e quasi quasi gli credo.
- per i documenti di lavoro (nel mio caso è quasi tutto in formato Word, quindi il peso è poco):
- Ogni volta che finisco un capitolo, lo trasferisco via ftp su uno spazio web collegato a uno dei tanti domini in mio possesso. Fattore di rischio: be’, devono crollare in contemporanea il server remoto e il mio computer. Per scaramanzia non dirò nulla, ma insomma, ecco.
- Ogni sera, che il capitolo sia completo o no, me lo spedisco dall’uno all’altro dei miei innumerevoli indirizzi mail. Il ragionamento è che, perché il file vada perduto, devono defungere contemporaneamente il server di Gmail, quello di Yahoo e il mio Mac.
- Per cose più grosse, tipo foto e musica, zippo e trasferisco via Skype (che va velocissimo) dal Mac al Pc e viceversa, in modo da avere più o meno duplice copia di tutto. Ora sto meditando di comprare un bel disco esterno da 1 Terabyte, che fa sempre comodo, sai com’è.
- Dei film me ne frego: mal che vada, ehm, me li procuro di nuovo.
Esiste anche un certo numero di servizi online che permettono di programmare backup periodici: i vostri documenti vengono conservati su un server remoto (criptati, ovviamente), da cui sono riscaricabili con una certa semplicità in caso di cataclismi naturali, eventi bellici, o qualsiasi altra circostanza che possa aver decretato la morte del vostro computer. Segnalo per esempio Mozy, che quando l’ho provato io era gratuito, ma mi par di capire che nel frattempo sia diventato a pagamento.
Per la vostra pace mentale, perché possiate dormire sonni tranquilli, perché io non possa venirvi a dire “ve l’avevo detto”: togliete la mano dai vostri testicoli (dove immagino attualmente riposi, dopo tutto il mio apocalittico discorso) e fate un backup oggi stesso. E domani. E la settimana prossima.
Backup-Day
Spleen
ott 13, 2007 autoreferenzialità
Ah, tempo, le tue piramidi
ott 5, 2007 editoria, internet
Mi era venuta un’idea folle. Sognavo di ricostruire la biblioteca di Babele aNobiizzando tutti i libri che ho letto in vita mia.
Impossibile: la Biblioteca è illimitata e periodica, ed è totale. Ci metterei tre giorni (che non ho) anche solo per catalogare i circa 500 libri che ho in casa. E attualmente vivo (viviamo, in due) in un bilocale. E ho altre case in giro per l’Italia, tutte piene di libri. E ne ho letti la maggior parte. Capite come sono ridotta?
Sono ridotta che il mio aNobii consta attualmente di soli 92 libri, di cui una dozzina ancora da leggere: piazzati lì come inventario della pila che si innalza dal parquet a fianco del mio comodino.
Che si fa? Si continua aggiungendo solo i nuovi libri letti, o si tenta di ripescare il passato, aggiungendo migliaia di libri che non avrei tempo di taggare né votare (Non che ora io usi il sistema delle stellette, che mi pare un po’ riduttivo), né tantomeno recensire?
(E’ che soffro quando vedo nelle pagine dei miei amici un sacco di libri che ho letto anni fa, vorrei dire “l’ho letto anch’io!” e mi prende una frenesia di accumulo che so essere insana.)
Immagino dipenda dall’uso che si vuole fare di aNobii. Ma in fondo, a cosa serve esattamente aNobii?
aNobii libri biblioteca borges
Del perché i quindicenni non dovrebbero stare in casa tutto il pomeriggio
ott 2, 2007 autoreferenzialità, nerdiness
Almeno i quindicenni di oggi hanno internet. Io, invece, alla loro età - un paio d’anni prima della nascita del www - mi baloccavo con ben altre meraviglie elettroniche: usavo il Canta Tu di Fiorello come mixer per registrare demo.
Allora. Vi ho già spiegato che in quinta ginnasio suonavo (male) la chitarra in un gruppo death metal di nome Trauma? Forse no; be’, ora lo sapete. Ma a parte quella breve parentesi, le mie sperimentazioni sonore adolescenziali si svolgevano in totale solitudine.
Nei primi anni Novanta, come alcuni ricorderanno, impazzava la trasmissione Karaoke, fulgido esempio di car-crash entertainment il cui scopo precipuo era ridere dell’altrui incapacità canora. Io non la vedevo mai, figuriamoci; però quando uscì l’impianto per karaoke domestico, ne intravidi subito un possibile utilizzo alternativo (in tutti i sensi del termine). Così me ne procurai uno, nonostante le ripugnanti sembianze di Fiorello con coda di cavallo che facevano bella mostra di sé sulla confezione. Diffidate delle recenti versioni in dvd: l’originale era con due musicassette.
Insomma, l’attrezzo permetteva di registrare su due tracce: da un lato ci mettevi la cassetta con la base, dall’altra parte infilavi la cassetta vergine. Nelle intenzioni, serviva a registrare, a imperitura memoria dei popoli, le proprie performance canore. Nel mio caso serviva invece a:
- incidere base ritmica eseguita con percussioni di fortuna (tipo bonghi africani e nacchere) e linea di basso fatta con una chitarra accordata due o tre toni sotto (perché non avevo il basso, e lo so bene che sarebbe un’OTTAVA sotto, thank you, ma mi arrangiavo);
- incidervi sopra la chitarra ritmica;
- scambiare di posto le cassette e incidere una terza traccia consistente in assolo di chitarra elettrica.
La qualità audio ovviamente era penosa, e non sto a parlarvi della qualità artistica. Abbiate pietà di me, le lezioni di solfeggio le ho interrotte dopo la quarta ginnasio perché non riuscivo più a star dietro ai compiti di greco. Non che non mi impegnassi anche da autodidatta: l’altro giorno ho ritrovato in una vecchia copia dell’Orlando di Virginia Woolf un foglietto tutto ingiallito scritto inequivocabilmente nella mia grafia di liceale, e contenente appunti di questo tenore: “La tonica di una scala minore corrisponde al VI grado della relativa maggiore. La dominante e la sensibile tendono a proseguire sulla tonica, mentre la settima è attivata dal terzo grado della scala.” La cosa più atroce è che non ho idea di cosa significhi tutto ciò, perché ovviamente nel frattempo ho dimenticato anche quel poco che sapevo.
D’altronde Paul McCartney non ha mai imparato a leggere la musica… Il risultato che cercavo di ottenere, comunque, era più o meno questo (sì, compreso l’assolo al minuto 3:50, avevo un simpatico pedale distorsore per la chitarra).
Adesso qualcuno mi deve scrivere nei commenti che anche lui faceva la stessa cosa intorno al 1994, perché altrimenti mi deprimo e non bloggo più.
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