C’è del marcio a Calcutta
Allora gente, qui i casi sono due: o postate voi al posto mio, oppure lavorate al posto mio. In ambo i casi vi toccherà anche dormire al posto mio, perché qua si va avanti con quattro ore a notte da una settimana.
Se io avessi voglia, e tempo, a questo punto dovrei scrivere un post su Madre Teresa. Se avessi voglia e tempo direi che oggi ricorre il decennale della morte di colei la quale, alla cerimonia di consegna del Nobel, dichiarò che la più grande minaccia alla pace nel mondo era l’aborto (sic); e - sempre se avessi tempo - sottolinerei che Ruini ha scelto proprio questa ricorrenza per avvertirci, dall’alto della sua autorità morale (da esercitarsi sull’umanità tutta senza distinzione di credo) e della sua profonda cultura medica, che la legge sull’aborto va “aggiornata alla luce del progresso medico-scientifico”. Come, nello specifico, non lo dice: mettendo più suore nei consultori, immagino, e rendendo ancor più difficile procurarsi una pillola del giorno dopo in tempo utile, cioè entro 72 ore.
Ma non ho tempo. Se l’avessi, scriverei un lungo post su questo breve ma denso libro. Poiché il tempo è tiranno, mi limito a citarne un brano, e vi invito a leggere il resto. Scrive Hitchens:
Quando mi hanno chiesto se sapessi qualcosa del suo lavoro tra i poveri, se l’avessi mai conosciuta, ho risposto che avevo camminato con lei per Calcutta e che ero arrivato alla conclusione che fosse non tanto un’amica dei poveri quanto un’amica della povertà. Lodava la povertà, la malattia e la sofferenza come doni dall’alto, e diceva alle persone di accettare questi doni con gioia. Era adamantinamente contraria alla sola politica che abbia mai alleviato la povertà in tutte le nazioni - e cioè dare potere alle donne ed estendere il loro controllo sulla propria fertilità. La sua celebre clinica di Calcutta in realtà non era che un ospizio primitivo, un posto dove la gente andava a morire, un luogo dove le cure mediche erano poche, quando non addirittura inesistenti (quando fu lei ad ammalarsi, volò in prima classe alla volta di una clinica privata in California). Le grandi somme di denaro raccolte venivano spese per la maggior parte nella costruzione di conventi in suo onore. Aveva fatto amicizia con tutta una serie di ricchi truffatori e sfruttatori, da Charles Lincoln della Lincoln Savings&Loans, alla ripugnante dinastia Duvalier di Haiti, accettando da entrambi generose donazioni di denaro che in realtà era stato rubato ai poveri.
E se potessi direi anche due paroline a proposito dell’udienza ratzingeriana di oggi, in cui J.R. ha riassunto la missione di Madre Teresa come segue: “Servire sempre fedelmente Dio nei più poveri e bisognosi”. E mi piacerebbe spiegarvi, con dovizia di citazioni da sant’Agostino (frui e uti eccetera), in che senso costei sfruttava i poveri come strumento per la maggior gloria di Dio. E poi allargherei il discorso e vi chiederei: è meglio un ateo che ama il suo prossimo semplicemente perché è il suo prossimo, perché è una persona singola, con la sua irripetibile scintilla di umanità; oppure è meglio una missionaria che nella massa indistinta dei “poveri” vede solo uno strumento da “usare” (sempre in senso agostiniano) per poi “fruire” di Dio nell’altra vita? E a questo punto, già che ci sono, citerei pure Kant, l’uomo come fine e non come mezzo.
Ma non ho tempo. Non ho tempo. Lasciatemi lavorare. Non in commotione Dominus.
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