Il sacrificio della patria nostra è consumato

Una magrezza [quella della vincitrice di Miss Italia] che scandalizza Oliviero Toscani, autore della campagna choc «no anorexia»: «Le ragazze sono scelte in base al concetto di bellezza di alcuni teleidioti. Se fossi una donna mi offenderei».

No, Toscani. Se io fossi una donna (e sapete che non lo sono), mi offenderei perché nel 2007 esiste ancora Miss Italia, e ancora si discute se inquadrare o meno il culo di questi quarti di manzo.

Ricapitolando (cito dai giornali perché non ho seguito la querelle in diretta): vince la più magra delle due favorite, e c’è chi la accusa di anoressia. Toscani strombazza la sua consueta campagna-shock. La povera vincitrice pseudo-anoressica (che in realtà pesa cinque-sei chili meno dell’altra, e trattasi visibilmente di una faccenda di costituzione: l’altra è atleta professionista, quindi i chili in più sono di muscoli), oltre a sorbirsi gli insulti gratuiti, sull’onda del politicamente corretto (Toscani-fuelled) è costretta a fingersi meno magra di quel che è, e a dichiarare una taglia 42 quando è evidente a chiunque che costei non porta più della 38. Come se fosse vergogna portare la 38 quando si è magre di costituzione. E invece no, ti devi difendere, devi dire e ridire a chiunque ti ascolti che mangi di tutto, che fai sport e non fai diete.

(P.S. ma questa qua sul serio ha solo diciassette anni? Ma che gli danno da mangiare ai ragazzi di oggi? )

E in tutto ciò, mentre un paese si ferma per contare i chili e i centimetri addosso a una bella statuina diciottenne, sfugge alla vista il vero nucleo della questione:

Povera Silvia Battisti, reginetta contestata che non avrebbe mai creduto di farcela e non si era preparata alle domande dei giornalisti. Che libri leggi? Memorabile risposta: «Solo libri di attualità, ho appena finito “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”».

(via - via)

miss-italia foscolo anoressia toscani motivi-per-deprimersi

Essere vecchi e non saperlo

E dirò di più: essere nerd e non saperlo.

Oggi sono una donna adulta. Si stenta a crederlo; eppure parrebbe di sì. Documenti ufficiali attestano la mia maggiore età. Sulla mia patente c’è scritto che sono maggiorenne dal 1997. Ma d’altronde la mia patente dice un sacco di stronzate, tipo che so guidare.

Però non sono sempre stata così; non sono nata adulta e armata dalla testa di Zeus, no no. Vent’anni fa, mentre gli altri bambini giocavano con le Barbie e l’Allegro chirurgo, io mi dilettavo con i pezzi di hardware che sto per mostrarvi. Traetene le conclusioni che vi paiono opportune circa la mia personalità.

L’altro giorno ho avuto la fortuna di imbattermi in questo sito, che raccoglie vetusti e storici modelli di computer anni Settanta e Ottanta. Non sto a spiegarvi il mio stupore quando ho visto che almeno quattro di quei modelli avevano intrattenuto rapporti più o meno intimi con la sottoscritta nel corso del decennio maledetto. Il decennio dei Paninari, degli scaldamuscoli color giallo limone, della Thatcher.

Ma stiamo divagando. Anche perché la storia che vi racconto ci condurrà anche nel decennio successivo: gli anni Novanta, il decennio di Berl… D’accordo, basta.

Il mio primo computer fu l’immortale Commodore 64, che vedete qui alla vostra destra (tutte le foto sono cliccabili): con le sue cassette e i suoi stupendi floppy da 5.25 pollici. Ricordo che c’era un videogame con Paperino. Non ricordo molto altro. Il tutto a 16 colori, ça va sans dire.

Più avanti - metà anni Ottanta, in tempi non sospetti - ebbi il mio primo Mac, che allora si chiamava Apple Macintosh e vantava ben 512 kb di Ram; per la prima volta entrai in contatto con il magico mondo dell’interfaccia grafica (le vedete? sono finestre, quelle: finestre, windows! eh?), ma il tutto in un triste bianco e nero. Ricordo che ci giocavo a scacchi. Vinceva sempre lui. E ricordo anche un’enorme collezione di file audio Midi con inquietanti versioni di Bach.

Questo gioiellino, che tuttora vegeta protetto da un copioso rivestimento di polvere in uno scantinato mittelappenninico, era già vecchio quando lo comprammo: trattasi di modello HP-85, mio fedele compagno nei pomeriggi d’inverno ai tempi delle scuole elementari. La cosa meravigliosa è che aveva una mini-stampante integrata, per cui schiacciando un tasto saltava fuori una specie di grosso scontrino fiscale con i cavoli miei stampati sopra. Ci scrivevo poesie. Poi finì la scorta di rulli di carta termica, e tutta la baracca uscì di produzione, e io soffrii.

Ma i tempi erano ormai maturi per una nuova generazione di PC: il 386 e il 486. Il resto è storia: intorno al 1995 si spalancarono a tutti noi le porte dell’universo mondo: quanto a me, mi dotai del primo modem a 14.4 kb/s, poi 28.8, poi 56 e poi Isdn e poi Dsl. Rimando a un altro post la storia del mio primo impatto con internet. Vi anticipo solo che c’entra la NASA.

Menzione speciale, in chiusura, per il mio primo palmare, antenato del Blackberry (che possiedo da due settimane e ne sono già dipendente): quella meraviglia del Psion3. Che a me - essendo io tipo in prima liceo - non serviva a un’emerita cippa; ma volete mettere com’era chic portarselo in giro e usarlo al posto del diario scolastico? Ora capirete perché i miei compagni avevano paura di me.

Era in bianco e nero, andava a pile stilo, e io lo adoravo. Poteva comunicare via infrarossi con altri amichetti Psion3, ma nessuno di mia conoscenza ne aveva uno uguale al mio. Strano, eh. E fu lì che sorsero le prime avvisaglie della sindrome del backup compulsivo che tuttora mi porto dietro: avevo riempito quel palmare con tutto ciò che contasse nella mia miseranda vita, e avevo il terrore di perderlo. Per cui eseguivo backup giornalieri su una SSD esterna.

E nonostante tutto ciò, ancora oggi non capisco un tubo di hardware, non ho mai imparato a programmare in Basic, e avrò infarcito questo post di gravi errori concettuali e di cronologia, che prego i miei più scafati lettori di correggere. Dènghiu.

computer anni-ottanta commodore apple palmare psion ibm 386 hp85 hardware

Riapre BadTaste.it

Si inaugura oggi la nuova versione di BadTaste.it. Qui sotto potete ammirare gli screenshot del vecchio e del nuovo sito (cliccate per ingrandire). Tutta un’altra cosa, eh.

Come in ogni acceptance speech che si rispetti, passo ai ringraziamenti.

  • Andrea (t.a.f.k.a.Pungolo), perché è il Capo e ha messo su tutta la baracca. E mi ha ascoltato pazientemente mentre gli spiegavo cos’è il mosimage e come si creano i menu in Joomla.
  • Francesco, precoce genio dell’informatica senza il quale né BT né QOM si sarebbero mai evoluti dalla loro n00bbaggine, sia nell’aspetto grafico sia nelle funzionalità.
  • Simone (Eco), per il logo ma non solo.
  • Serverplan, il nostro hosting di fiducia. Promettiamo di aprire meno ticket d’ora in poi.
  • Tutti gli utenti, per la pazienza dimostrata in occasione dei mille problemi tecnici del vecchio sito, e per la pazienza che spero dimostreranno se dovessero presentarsi inconvenienti sulla nuova piattaforma.

 

Si parte!

P.S. I riassunti di Harry Potter e i Doni della Morte li trovate qui.

badtaste.it restyling cinema joomla harry-potter riassunti deathly-hallows doni-della-morte

La nerditudine avanza

Eh sì, dovete aver pazienza. Prima sparisco per dieci giorni, fagocitata dalle risme di carta che affollano la mia scrivania; poi mi rifaccio viva senza assolutamente nulla da dire [cioè, sì che ne ho, di roba da dire, ma la dirò poi], solo per il gusto di postare dal BlackBerry nuovo fiammante. Mi faccio pena da sola, quindi non scomodatevi voi.

C’è del marcio a Calcutta

Allora gente, qui i casi sono due: o postate voi al posto mio, oppure lavorate al posto mio. In ambo i casi vi toccherà anche dormire al posto mio, perché qua si va avanti con quattro ore a notte da una settimana.

Se io avessi voglia, e tempo, a questo punto dovrei scrivere un post su Madre Teresa. Se avessi voglia e tempo direi che oggi ricorre il decennale della morte di colei la quale, alla cerimonia di consegna del Nobel, dichiarò che la più grande minaccia alla pace nel mondo era l’aborto (sic); e - sempre se avessi tempo - sottolinerei che Ruini ha scelto proprio questa ricorrenza per avvertirci, dall’alto della sua autorità morale (da esercitarsi sull’umanità tutta senza distinzione di credo) e della sua profonda cultura medica, che la legge sull’aborto va “aggiornata alla luce del progresso medico-scientifico”. Come, nello specifico, non lo dice: mettendo più suore nei consultori, immagino, e rendendo ancor più difficile procurarsi una pillola del giorno dopo in tempo utile, cioè entro 72 ore.

Ma non ho tempo. Se l’avessi, scriverei un lungo post su questo breve ma denso libro. Poiché il tempo è tiranno, mi limito a citarne un brano, e vi invito a leggere il resto. Scrive Hitchens:

Quando mi hanno chiesto se sapessi qualcosa del suo lavoro tra i poveri, se l’avessi mai conosciuta, ho risposto che avevo camminato con lei per Calcutta e che ero arrivato alla conclusione che fosse non tanto un’amica dei poveri quanto un’amica della povertà. Lodava la povertà, la malattia e la sofferenza come doni dall’alto, e diceva alle persone di accettare questi doni con gioia. Era adamantinamente contraria alla sola politica che abbia mai alleviato la povertà in tutte le nazioni - e cioè dare potere alle donne ed estendere il loro controllo sulla propria fertilità. La sua celebre clinica di Calcutta in realtà non era che un ospizio primitivo, un posto dove la gente andava a morire, un luogo dove le cure mediche erano poche, quando non addirittura inesistenti (quando fu lei ad ammalarsi, volò in prima classe alla volta di una clinica privata in California). Le grandi somme di denaro raccolte venivano spese per la maggior parte nella costruzione di conventi in suo onore. Aveva fatto amicizia con tutta una serie di ricchi truffatori e sfruttatori, da Charles Lincoln della Lincoln Savings&Loans, alla ripugnante dinastia Duvalier di Haiti, accettando da entrambi generose donazioni di denaro che in realtà era stato rubato ai poveri.

E se potessi direi anche due paroline a proposito dell’udienza ratzingeriana di oggi, in cui J.R. ha riassunto la missione di Madre Teresa come segue: “Servire sempre fedelmente Dio nei più poveri e bisognosi”. E mi piacerebbe spiegarvi, con dovizia di citazioni da sant’Agostino (frui e uti eccetera), in che senso costei sfruttava i poveri come strumento per la maggior gloria di Dio. E poi allargherei il discorso e vi chiederei: è meglio un ateo che ama il suo prossimo semplicemente perché è il suo prossimo, perché è una persona singola, con la sua irripetibile scintilla di umanità; oppure è meglio una missionaria che nella massa indistinta dei “poveri” vede solo uno strumento da “usare” (sempre in senso agostiniano) per poi “fruire” di Dio nell’altra vita? E a questo punto, già che ci sono, citerei pure Kant, l’uomo come fine e non come mezzo.

Ma non ho tempo. Non ho tempo. Lasciatemi lavorare. Non in commotione Dominus.

madre-teresa calcutta religione ratzinger papa aborto ruini hitchens posizione-della-missionaria